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Il linguaggio pittorico di Van Gogh



Dopo aver conosciuto Van Gogh attraverso l'attività in classe, gli alunni hanno tentato di utilizzare il suo linguaggio pittorico per realizzare elaborati suggeriti da alcuni brani di sue lettere. 


Lettera al fratello Theo – Arles, settembre 1888. (...) qui la natura è straordinariamente bella. Dappertutto e in ogni luogo la cupola del cielo è di un azzurro mirabile, il sole ha una radiosità di zolfo pallido ed è dolce e incantevole come la combinazione dei celesti e dei gialli dei Vermeer di Delft. Non riesco a dipingere altrettanto bene, ma mi concentro talmente, che mi lascio andare senza pensare ad alcuna regola. … Ho deciso adesso, per partito di non tracciare mai più un quadro col carboncino. Non serve a nulla: bisogna attaccare il disegno con il colore stesso, per disegnare bene.












Arles, novembre 1888. Alla sorella Wilhelmina.Non so se capirai che si può fare una poesia solo disponendo sapientemente dei colori, così come si possono dire cose consolanti in musica. Allo stesso modo, alcune linee bizzarre, scelte e moltiplicate, serpeggianti in tutto il quadro, non devono dare un giardino nella sua rassomiglianza volgare, ma disegnarcelo come veduto in sogno, nel tempo stesso reale, eppure più strano che nella realtà.



Lettera al fratello Theo  Saint-Rémy, 25 giugno 1889.  Ho un campo di grano molto giallo e molto chiaro, forse  la tela più chiara che io abbia mai fatto. I cipressi mi preoccupano sempre, vorrei fame una cosa come le tele dei girasoli, perché mi stupisce che non li abbiano ancora fatti come li vedo io. Un cipresso è bello, in quanto a linee e a proporzioni, come un obelisco egizio,  e il verde è di una qualità così raffinata.   È la macchia nera in un paesaggio assolato, ma è una fra le note nere più interessanti, fra le più difficili a centrarsi che io possa immaginare. Ora bisogna vederli qui contro il blu, nel blu, per meglio dire. Per fare la natura, qui come dappertutto, bisogna restarvi a lungo.



Lettera al fratello Theo Saint-Rémy, luglio 1889.   Questa nuova crisi, fratello mio caro, mi ha colto nei campi e mentre stavo dipingendo durante una giornata di vento. Ti manderò la tela che ho terminato ugualmente. Era appunto un tentativo più sobrio, di un colore opaco senza apparenza, verdi spezzati, rossi e gialli ferruginosi d’ocra, così come ti dicevo che a volte provavo il desiderio di ricominciare con una tavolozza come nel Nord.


Lettera al fratello Theo – Auvers-sur-Oise, luglio 1890.    In quanto a me, sono totalmente preso da questa infinita distesa di campi di grano su uno sfondo di colline, grande come il mare, dai colori delicati, gialli, verdi, il viola pallido di un terreno sarchiato e arato, regolarmente chiazzato dal verde delle pianticelle di patate in fiore: tutto sotto un ciclo tenue, nei toni azzurri, bianchi, rosa, violetti. Sono completamente in una condizione di calma persino eccessiva, proprio nello stato che occorre per dipingere ciò.

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